C’è chi combatte il caldo a colpi di split e chi nemmeno sa cosa sia il telecomando del condizionatore. In mezzo, un mondo fatto di scelte diverse, architetture intelligenti e un po’ di buon senso
Ogni estate si ripete la solita scena: c’è chi imposta il condizionatore a 18 gradi e chi gira per casa con il maglione, pronto a discutere sul “raffreddore da freddo artificiale”. Eppure, nel mondo, esistono città dove l’aria condizionata non è un tema. Non perché manchi la corrente o i soldi, ma perché non serve davvero.
Prendiamo Helsinki, Oslo, Dublino. Il caldo non è mai protagonista. Le case sono pensate per trattenere il calore nei lunghi inverni, e quando arriva l’estate, ci si gode il tepore. Niente corse all’IKEA per un ventilatore, niente bollette da paura.
Anche Parigi è un esempio curioso: meno del 10% delle abitazioni ha l’A/C. I motivi? Architettura intelligente: muri spessi, soffitti alti, persiane chiuse di giorno, finestre aperte di notte. E tantissimo verde pubblico che mitiga il clima urbano.
A Tokyo o Madrid, invece, il caldo picchia forte. Ma lì si combatte in modo più furbo. A Tokyo si gioca con il raffrescamento notturno: aprire la casa quando cala il sole, chiuderla all’alba.
A Madrid si sfruttano ancora le piastrelle in ceramica, le tende pesanti e la ventilazione incrociata. Sono gesti antichi, tramandati più che insegnati. E spesso funzionano meglio di un climatizzatore da mille euro.
In Italia, invece, il condizionatore è diventato una stampella. Colpa anche delle nuove costruzioni, spesso fatte con materiali che trattengono calore come spugne. Si congela d’estate, si boccheggia d’inverno. E in mezzo, discussioni infinite sul telecomando.
Forse, più che aumentare i gradi o cambiare modello, servirebbe guardare altrove. Copiare qualche trucco, piantare qualche albero in più. Perché sì, il caldo è una brutta bestia. Ma il rumore costante dello split acceso non è detto che sia l’unica risposta.
Una orribile tragedia scuote il mondo del calcio: il calciatore del Liverpool Diogo Jota è…